martedì 20 maggio 2014

La Maledizione di Béla Guttmann

E' un testa a testa tra Béla Guttmann e Babe Ruth (magari ne parleremo più avanti) su quale sia la maledizione sportiva più affascinante, con una piccola differenza, quella dell'allenatore magiaro è ancora in atto, mentre quella del lanciatore sovrappeso terminò 10 anni fa, dopo aver terrorizzato i tifosi di Boston per ben 86 campionati.
Bèla Guttmann nato pochi giorni prima dell'inizio del secolo del calcio a Budapest ha una ottima carriera da giocatore, centrocampista ordinato e di qualità che dopo pochi anni trascorsi in patria, va a giocare a Vienna intervallando con una esperienza americana a New York.
Già durante la sua carriera da giocatore si intravedeva che il buon Béla non era fatto come tutti gli altri esseri umani. Nella città dove opera un certo Sigmund si laurea in psicologia, e l'esperienza americana lo segna profondamente, un po perché deve fare diversi lavori per mettere assieme uno stipendio decente, ed un po perché quel denaro lo perde con il crollo di Wall Street del '29.

E' in campo ed uno dei principali giocatori della Gloriosa Ungheria delle Olimpiadi '24, che passerà alla storia per il Grande Ammutinamento. L'Ungheria non è immune dai pericolosi venti antisemiti che spirano in quel periodo, e quando Horthy sale al potere inserisce nella "Federcalcio Ungherese" molti suoi uomini, che di calcio non ne sanno molto, ma la pensano come lui e come l'Italia in quel periodo, e  come successivamente la penserà la Germania.
Dopo un folgorante esordio (5-0) con la Polonia i giocatori decidono di farsi sconfiggere deliberatamente dai caimani del Nilo (3-0) a seguito delle controversie con i dirigenti federali che non li trattavano come persone dotate di dignità.

Ma il meglio di se Guttmann lo da come allenatore, qui le sue spiccati doti di personalità unite ad un ingegno fuori dal comune, lo faranno passare alla storia. In Ungheria all'interno di un borozó ad inizio secolo era comune parlare di psicoanalisi, di musica, di arte e di calcio, e probabilmente qui nasce un nuovo sistema di gioco in contrapposizione al WM di Mister Herbert Chapman, il 4-2-4.
Guttmann è un giramondo e finisce sulla panchina del San Paolo, dove favorisce la diffusione del nuovo sistema di gioco, che verrà utilizzato tantissimo in Brasile, al caro Bèla dobbiamo un grazie per il "quadrado magico" dei verde-oro nei mondiali del '58 composto da Zagalo, Didì, Vavà, e Pelé.
Approda finalmente nel '59 al Benfica, quando José Carlos Bauer (straordinario giocatore del Brasile, in campo nella celebre finale del '50 al Maracanà), gli parla di un attaccante niente male che è nato in Mozambico, che arriverà anche lui nel Benfica e sarà conosciuto al mondo con il soprannome "Pantera Nera". Adesso con un Genio in panchina ed un Fenomeno la davanti si può solo vincere. E vincono.

Mettono fine al dominio continentale del Real Madrid vincendo due Coppe dei Campioni consecutive, ma al termine della seconda finale accade il fattaccio.
Guttmann vuole un premio in denaro per aver raggiunto il secondo titolo, ma la dirigenza non la vede allo stesso modo, forte del fatto che sul contratto non ci fu scritto niente di simile al riguardo. Indignato allora Béla Guttmann se ne andò sbattendo la porta e lanciando la maledizione: « Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà bicampione d'Europa ed il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa dei Campioni.» .

L'anno successivo, ancora finale di Coppa dei Campioni contro il Milan, perso. In finale ci tornano due anni dopo contro l'altra parte di Milano, l'Inter, perso. Passano altri tre anni e questa volta davanti hanno il Manchester United, perso.
Guttmann muore nell'agosto del 1981, cambia la competizione, ma la maledizione continua, in Coppa Uefa è finale con l'Anderlecht, perso. Allora si torna in Coppa dei Campioni contro il PSV nel '88, perso. Due anni dopo ci riprovano di nuovo contro il Milan, perso.
Cambia il millennio e cambia la competizione è l'Europa League del 2013 contro il Chelsea, perso. E quest'anno nonostante Esuebio abbia raggiunto Bèla Guttmann ovunque sia, non è riuscito a fargli cambiare idea, finale contro il Siviglia, perso.

Sono 8 finali europee consecutive perse, se non è una maledizione questa cos'altro può esserlo.
Consiglio spassionato ai tifosi del Benfica, la maledizione di Babe Ruth terminò dopo che un paio di tifosi dei Red Sox portarono una sua figurina originale degli anni '10 in cima al monte Everst. Ecco, procuratevi una figurina originale di Bèla Guttmann ed un paio di guanti da neve, non si sa mai.

Ball Don't Lie.

lunedì 19 maggio 2014

Ball Don't Lie

E' inutile, in qualunque modo la si guardi la palla non mente. Mai. Ball Don't Lie.
E' l'idea che la volontà del palla (si la palla ha una propria volontà) sia superiore a tutto, che vada oltre anche all'influenza dell'uomo, ai suoi desideri, ai suoi sogni.
Rasheed Wallace meraviglioso giocatore di basket è l'artefice di questo pensiero, espresso poi con un inglese tutto suo, un messaggio forte e di sicuro impatto. Ball Don't Lie.
Gli arbitri ti fischiano un fallo che non esiste? Nessun problema, i tiri liberi non entreranno, perché? Beh perché Ball Don't Lie.
L'idea di questa pagina è proprio basata su questo concetto, i miei pensieri sono totalmente inflazionati dal pensiero di Rasheed, parlerò molto di Calcio e del mondo NBA, sperando di non annoiare e di non cadere in una banale conversazione da bar.
Anche se alla fine saranno solo parole, opinioni che come tali sono contestabili, solo una cosa ha sempre ragione, la palla.
Perché Ball Don't Lie.